L’Italia. La
Lombardia. La Bassa Padana. Il disagio…
Gli stivali
sporchi di terra, la nebbia, il deserto urbano, il disagio…
Le prime
quattro canzoni del disco sembrano sottolineare questo concetto: tutto è cambiato…la
società, le innovazioni tecnologiche, la comunicazione di massa, la “felicità” a
portata di mano… ma nulla è mutato… l’apatia, l’ansia, la paranoia, l’incomunicabilità…il disagio.
Una statica
e insostenibile morte dell’essere, cui non ci si può sottrarre…un male di
vivere che ti fa urlare, incazzare, ribellare, correre….correre…una corsa
ciclica e senza fine: più corri e più
rimani nello stesso posto. Non hai colpe. Puoi tentare di accelerare ma è
inutile. Prima che te ne renda conto ti hanno raggiunto e il tuo nuovo posto è
sempre lo stesso posto. Le tue vendette sono fallite.
Una rabbia eterna e straziante che viene a galla nella seconda parte del disco aumentando sempre più e raggiungendo l’apice nella cover di “Kick out the jams” degli MC5. La canzone manifesto della band di Detroit viene interpretata al meglio dai Cock Fighters, i quali, pur rimanendo fedeli allo spirito originario, attualizzano l’aggressiva rivoluzione sonica mediante un muro di feedback che trasmette un senso di violenza malinconica e spleen generazionale. Il disagio e la paradossale incapacità di condivisione e comunicazione che caratterizza la società moderna traspare lungo tutta la durata del disco e la scelta di cantare poco, sia essa ricercata o spontanea, non fa che sottolineare tale idea.
